Negli ultimi anni il turismo è aumentato e sempre più persone viaggiano alla scoperta di angoli nuovi del Pianeta. Anche il mondo dell’
ecoturismo ha avuto una grande aumento negli ultimi anni. Alla sua base c'è la
conservazione e il rispetto dell’ambiente naturale e della cultura del luogo, sostenendo e contribuendo alla crescita economica delle popolazioni locali.
Spesso, però, il turista, senza esserne consapevole, viene coinvolto in attività che hanno alla base lo sfruttamento della fauna selvatica.
Oranghi, tigri, macachi, tartarughe, bertucce, delfini... è lunga la lista delle specie in pericolo che vengono minacciate anche dalle attività turistiche. Il retroscena di souvenir, fotografie, attività a contatto diretto con gli animali selvatici è infatti spesso spaventoso: bracconaggio, traffico illegale, allevamenti intensivi, addestramenti dolorosi, privazione di denti ed unghie per molte specie e generali condizioni di salute e benessere scarse.
È importante essere dei
turisti consapevoli: informarsi prima di partire e durante il viaggio, può evitare così di divenire finanziatori di attività illecite.
I consumatori finali sono infatti proprio i turisti, che hanno quindi il potere di influenzare, limitare ed infine portare all’eliminazione di queste pratiche.
Ne parliamo meglio con la
dr.ssa Sian Waters, responsabile dell’organizzazione
BMAC (Barbary Macaque Awareness and Conservation), attiva in Marocco per la salvaguardia delle ultime popolazioni di bertuccia in natura. Sian ha una lunga esperienza sull'impatto che lo sfruttamento per il turismo ha sul benessere animale, particolarmente nei primati.
Fondazione A.R.C.A. e Parco Natura Viva non solo supportano da anni il lavoro sul campo del Barbary Macaque Awareness and Conservation (BMAC), ma hanno partecipato alla sua campagna
Just say no, volta proprio a sensibilizzare i turisti sull’impatto che le nostre azioni possono avere sul benessere della fauna selvatica.
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